Cielo bianco

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Alla fermata dell’autobus, una ragazza bruna cerca di non piangere. I lampioni perdono la luce, in fondo alla strada. Un furgone sporco esce dal parcheggio solo un attimo dopo il passaggio del ciclista. Sono le otto, ma c’è ancora luce.
D’improvviso ti volti e mi dici: Basta così.

Sento l’acqua cadere, oddio cade dal mio viso, oddio forse muoio. Un cane si ferma a pisciare accanto a un lampione, poi  se ne va. Tra i rami, il cielo è bianco.

È da tanto che non leggo. Non leggo più, non faccio niente. Con te, però, era diverso. Avevi cominciato a portarmi libri, riviste, giornali. Mi parlavi di film che non avevo mai visto, di mostre che dovevo assolutamente visitare, di città da perlustrare come fossero isole vergini. Dicevi che volevi chiudermi in una stanza e farmi scrivere tutto il giorno. Mi amavi, allora.

Io mi ero accorta che, forse, una vita così, con te, la volevo davvero. Non doveva essere affatto male, a pensarci bene. Era da un po’ che ci fantasticavo, a una vita con te, ma mica te lo dicevo. Mi era venuta voglia di andarci sul serio in una di quelle città lontane, con te. E poi avevo cominciato a vedermi più bella allo specchio. Me lo dicevano tutti: Sei diversa, più magra, più bella, dicevano. E io non dicevo niente, ma dentro ero felice. Pensavo alla fortuna che avevo avuto, ad averti fermato, quel giorno, ad averti incontrato ancora.

E l’ironia: dio, quanto mi era mancata. Ridevamo sempre, le nostre parole si rincorrevano in un rimpallo continuo, giocavano come il gatto col topo. E quando veniva sera, ogni volta che tu mi salutavi e salivi sul treno, io mi voltavo e piangevo sulla strada di casa. Non piangevo sempre, però. Solo quando una voce, dentro di me, copriva tutto il resto e chiedeva: Sei innamorata? Non osavo rispondermi: piangevo e basta.
Ti amavo, allora. Ma mica te lo dicevo.

C’era sempre quella faccenda del trattenersi, dei tempi e dei modi giusti. Giusti per cosa, ti chiedevo? Lo sai, rispondevi. Allora io mi confondevo, smettevo un attimo di sorridere; mi prendeva come una paresi alla faccia, ma proprio un attimo, un secondo che spariva velocissimo. E poi non ci pensavo più, ricominciavo a ridere e a pensare alla vita con te e a come sarebbe stata bella, e mi dicevo che però dovevo aspettare a dirti una cosa così.

Ma oggi ti sei voltato e mi hai detto: Basta così. E io non ho capito più niente, perdevo acqua dal viso, e oddio, pensavo, oddio forse muoio, lo so che muoio.

Sul tavolo, niente più libri. Nella testa, niente più viaggi. Niente più parole, nella distanza da me a te.

L’autobus non vuole proprio passare, stasera.

Tra i rami, il cielo è bianco.

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