Chi – Morbosa osservatrice di quel che affiora fuori e dentro, levigo parole come ciottoli di fiume: le lancio, e sto a guardare.
Cosa – Penso che avere tatto e cura degli altri e riuscire a sentirsi nel caos dell’esistere, siano magnifici premi di una necessaria fatica.
Ah, e ovviamente voglio scrivere.
È ormai scoccata da un po’ la mia trentesima ora, perciò non ho più la scusa dei vent’anni per quel che combino. Sono cresciuta all’ombra dei portici della Dotta, Rossa e Grassa, salvo due anni passati nella frenesia luccicante di cui sa essere santa matrona solo la Madunina. Niente: la città del «bere, correre e fatturare» proprio non faceva per me. Un assolato venerdì di settembre ho messo un punto e sono andata a capo: ora insegno italiano a scuola e sto molto, molto meglio così.
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