- copertina del libro #iostoacasa
PREMESSA
L’11 marzo 2020, in pieno lockdown causa pandemia di Covid19, la casa editrice bolognese Pendragon decide di creare un piccolo contest letterario invitando chiunque se la senta a scrivere un racconto, una poesia, anche solo un insieme di pensieri, per esprimere il proprio stato d’animo durante questa sinistra, inaspettata, senza dubbio rivoluzionaria, clausura mondiale.
Unica regola: il pezzo da scrivere deve rientrare in una sola cartella (1800 battute).
Così è nato “Cicale”, il mio racconto piccino picciò.Ciliegina sulla torta: la mia storia è stata selezionata ed ora è pubblicata nell’antologia #iostoacasa – racconti dal marzo 2020 (Edizioni Pendragon, 2020).
Sfogliando il libro, si scorge un mosaico di storie, in cui emergono dubbi, speranze, angosce dissepolte, strambi antidoti alla noia del coprifuoco, fantasie horror, vicende grottesche, poesie, lettere, confidenze. Le tessere di questo mosaico provengono da autori diversissimi: scrittori e docenti universitari, ex sindacalisti e amministratori di condominio, avvocati e studenti di terza media, pensionati e liceali, giornalisti radiofonici e operatrici di centri anti-violenza, attori e ballerini. C’è persino il sindaco.
Si compone davanti agli occhi un ritratto, storico e umano: il nostro. Perché in queste parole ci siamo noi e quello che abbiamo provato in una primavera che è già Storia.Ho deciso di pubblicare il mio racconto anche qui, nel mio scrittoio digitale. Abbiatene cura nell’unico modo in cui si può avere cura di una storia: leggetela, ora è vostra.
***
Salutandolo, gli hai detto “Ci vediamo”. Perché? Ancora te lo chiedi. Non provavi urgenza di rivederlo – lo hai avvertito nello sterno, mentre pagava il conto.
All’inizio il silenzio tra voi era così insipido, abbandonato sul tavolo come un pasto malriuscito: lo rosicchiavi paziente, alternando ironia e sorsate di vino. Lui invece affastellava parole come sacchi di sabbia prima dell’alluvione. L’insorgere di un vuoto più intimo doveva fargli molta paura.
Ti infarciva di commenti sul suo lavoro, i genitori, i pezzi di mondo che aveva visto. Ascoltavi, ridevi e ti impegnavi a non sembrare stupida. Attendevi una domanda su di te che non arrivava.
Alla fine, hai pensato che non valeva la pena. Basta narcisisti in cerca di pubblico. Non vuoi più fare la prostituta dell’ego di nessuno.
Così, mentre afferra il resto, tu decidi che è l’ultima volta. Però dopo, quando ti ha preso il volto tra le mani e ti è entrato nel respiro, gli hai detto “Ci vediamo”. Perché?
Ti vergogni. Questo è il tuo ultimo bacio nel Mondo Di Prima – prima del virus e del pericolo senza radice, se non la saliva e la pelle dell’Altro. Forse hai sprecato il tuo atto finale.
O forse no.
Hai detto “ci vediamo” perché potevi farlo: era talmente possibile da risultare scontato. E non si risparmia nell’abbondanza. Siamo cicale.
Ecco, tu vuoi tornare cicala in estate. Rivuoi il mondo vecchio in cui si rimesta la stessa saliva, e se un bacio è sbagliato, ci si contagia ma senza morire. Ti manca la crescita dopo l’errore, il germoglio forte del temporale, l’amore a sorpresa in tanto cercare. Vuoi incontri futili, speranze a vuoto. Esigi l’Altro che ti resta vicino, anche solo per qualche minuto: sbagliare è un diritto.
In un mondo chiuso, vuoi aprirti a tutto.
E allora capisci che rivedersi è un augurio, la tua promessa per il futuro.
27/03/2020