Per favore, quando le parli chiamala “bambina mia”, accarezzandole la fronte con lo sguardo; poi ascoltala attentamente, senza alcun pregiudizio, perché quella bambina (la tua bambina, e lo sarà per sempre) ha qualcosa nel cuore, qualcosa su cui ha pensato e pensato e pensato, e ci tiene a dirtelo, a fartelo sapere, anche se non sa ancora come… Per saperlo avrebbe dovuto impararlo da qualcuno, ma nemmeno qualcuno, evidentemente, si ricordava come si fa, cosa si deve fare o dire, quando si parla ad un papà.
Mi raccomando, mentre lei parla non guardare le sue parole scorrere nel vento, ma ascoltala davvero: cerca di ascoltarle l’anima; cerca di capire cosa ti nasconde, e apprezza, invece, cosa ha trovato il coraggio di dirti; comprendi di cosa si lamenta e di cosa soffre ma non te lo confesserà mai; di cosa ha paura; cosa ama di te e di lei, di voi, del vostro cammino insieme. Mentre lei parla, è il tuo sangue che parla, la tua storia, la tua infanzia con i suoi angoli bui, le tue abitudini e i tuoi piccoli e grandi difetti innati. Ascoltala: è come ascoltare te stesso e quello che sei riuscito a realizzare in questa tua lunga vita, per quanto sai e hai potuto fare.
A un certo punto, però, guardala negli occhi come si fa con un’adulta, perché è questo che lei sta diventando. Guardala, è una donna ormai: non lasciare che cresca nella paura e nelle catene della tua autorità, non permetterle di diventare una donna-bambina, ancorata alle angosce e alle solitudini che solo l’infanzia conosce amaramente. Affrontala, dalle fiducia, che le rimanga bene impresso, a tua figlia, che le sue idee hanno un valore, e questo valore è così alto da poter superare anche l’opinione di un papà, una persona così importante per la vita di ciascuno.
E quando il silenzio scende tra voi, perché a un certo punto scende sempre il silenzio tra un padre e un figlio, allora guarda lontano: guarda da dove viene questo silenzio, e con ancora le orecchie ronzanti di vuoto, parlale del tuo papà, di com’era, e di com’eri tu, cosa gli hai nascosto e cosa hai avuto il coraggio di dirgli, di cosa ti lamentavi e per cosa hai sofferto ma non glielo hai mai confessato, di cosa avevi paura allora e di cosa hai paura adesso, cosa amavi di lui e di te, di voi insieme.
Parlale di te, sii sincero, e lei capirà, perché le bambine conoscono il linguaggio dei papà in tutte le loro sfumature, dette e non dette; tua figlia lo apprezzerà, crescerà forte e orgogliosa del suo papà che non ha paura del silenzio che viene da lontano, e sarà anche orgogliosa di se stessa perché ha avuto il coraggio e l’amore di dirti quello che aveva nel cuore, quello che teneva a farti sapere, a cui aveva pensato e pensato e pensato. Guidala, perché lei non sa da dove cominciare; insegnale come fare, e se non lo sai nemmeno tu (perché nemmeno a te lo avevano insegnato), inventatelo: insomma, prendi le redini del vostro cammino, sii un padre; sii quel qualcuno che finalmente ha imparato, si è improvvisamente ricordato, o forse se lo è solo inventato, come si fa, cosa si deve fare o dire, quando si parla ad un papà.